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Anna Seghers a Ellis Island

di

Davide Rossi

Ai primi di gennaio del 1941 Anna Seghers e i suoi due figli Ruth e Pierre lasciano Pamiers, piccola cittadina stretta tra Tolosa e i Pirenei, non lontano dal campo di internamento di Le Vernet in cui si trova il marito Lazslo Radvanyi, per trasferirsi a Marsiglia. Anche Laszlo, che ha ottenuto il diritto d’abbandonare la Francia, viene trasferito nel campo di Les Milles nei pressi del porto mediterraneo. A Marsiglia i figli iniziano subito a frequentare la scuola pubblica francese, come a Pamiers. Anna Seghers intanto si getta nel vortice dei visti, dei timbri, dei consolati. Servono infatti il visto d’uscita dalla Francia, quello d’invito del paese ospitante, le lettere relative alla disponibilità del governo ospitante, i biglietti per il viaggio in nave e ancora gli eventuali visti di transito per attraversare altre nazioni. A Les Milles Laszlo si trova insieme a tanti artisti e antifascisti, da Robert, figlio di Liebknecht, al pittore e scultore di temi erotici Hans Bellmer, al pittore Max Ernst. Dal campo può uscire due giorni e una notte la settimana per sistemare le carte relative alla partenza. Laszlo in queste occasioni dorme con la moglie in una piccola pensione, l’hotel Aumage, chiuso alla fine del Novecento, in rue de Relais, minuscolo vicoletto all’angolo con corso Belsunce, dove ancora oggi c’è un negozio di cappelli presso cui Anna si è concessa la sola frivolezza di quei giorni difficili. Oggi il viale è trafficato ed edificato, allora i pescatori stendevano le reti nella larga spianata.

Per Anna Seghers tutto si complica anche perché lei e i suoi familiari hanno un passaporto ungherese e quello suo è a nome di Netty Reiling in Radvanyi, mentre il suo amico scrittore Bodo Uhse che si è  attivato con forza per farle avere l’invito in Messico, l’ha ottenuto per Anna Seghers, ovvero il nome che lei si è data da scrittrice, Bodo Uhse deve così farsi carico di confermare la di lei identità, tanto che il passaporto ungherese di Anna Seghers portava un duplice errore, la faceva nascere il giorno di san Gennaro, il 19 settembre, e non il 19 novembre e cinque anni dopo, nel 1905 e non nel 1900. Quando le carte sono pronte, serve ancora un visto di transito da parte del consolato statunitense, in quanto là la nave arriverà, ottenutolo si metteranno in viaggio finalmente il 24 marzo 1941, insieme a loro con la moglie Fireda anche Alfred Kantorowicz, che nella DDR reggerà la cattedra di Letteratura moderna tedesca dell’Università Humboldt dal 1950, e molti altri esuli, alloggiati alla meglio, ospitati del capitano il surrealista André Breton e l’antropologo Claude Lévi-Strauss. Con loro tra gli esuli intellettuali di tutta Europa, spagnoli e catalani che piangono alla vista, da lontano, di Barcellona. La guerra li obbliga a lunghi approdi e lunghi attracchi, in Algeria e in Marocco. Il viaggio alla fine sarà lungo più di tre mesi. In Martinica, territorio francese delle Antille, sono internati. Nonostante i divieti, Anna visita la casa natale di Giuseppina Bonaparte, incontra l’amico Kurt Kersten e rivede, dopo Parigi, Aimé Césaire che le parla dei giacobini caraibici e di Tousaint Louverture. Ripartono per la Repubblica Dominicana dove arrivano il 23 maggio. Il presidente Rafael Leónidas Trujillo riceve tutti con onore e fornisce acqua e sapone, letti comodi e ricevimenti. Ha ribattezzato la capitale Santo Domingo, dandole il nome di “Città Trujillo”, in seguito alla ricostruzione necessaria dopo il passaggio devastante di un uragano nel 1930. Trujillo vuole cercare di convincere gli esuli a contribuire allo sviluppo della nazione. In effetti, sebbene ovunque ci siano le sue fotografie, dai caffè agli uffici pubblici, si preoccupa anche di far costruire case, scuole, strade e presidi medici. La maggioranza assoluta degli esuli comunque riparte il 5 giugno 1941.

Anna Seghers e la sua famiglia rimarranno dal 10 giugno 1941 a fine mese a Ellis Island, guardando da lontano Manhattan, infatti per la miopia della figlia Ruth, ereditata dalla mamma, ma interpretata come una malattia nervosa, verrà loro negata la possibilità di sbarcare a New York e di procedere via terra verso Città del Messico, con una pausa in California dove Bertolt Brecht ed Helene Weigel e molti altri compagni li aspettavano. I Radvanyi guardano da lì la statua della libertà e lì vengono raggiunti dai rappresentanti dell’editore Little Brown di Boston per la firma del contratto per l’edizione in lingua inglese de “La settimana croce”. Nei neutrali Stati Uniti, in cui inglesi e nazisti suscitavano simpatie a gruppi contrapposti ma ugualmente significativi, i Seghers apprendono il 23 giugno che gli hitleriani hanno aggredito il giorno precedente l’Unione Sovietica. La notizia li getta nello sconforto e nella preoccupazione. Dopo la Francia e l’Europa, il nazismo aggredisce la patria del socialismo e torna in Anna la più tormentosa delle domande: “Un popolo che assale altri popoli per sterminarli, è ancora il mio popolo?” Anna risponderà di sì e, accettando di soffrire per la Germania, si fa carico del riscatto, almeno attraverso la letteratura e la politica, della Germania e di responsabilità che non le appartengono, ma che sono del suo popolo. Anna intraprende questa strada grazie anche ai suoi ideali socialisti, perché le offrono i valori dell’eguaglianza e della solidarietà contro la barbarie sterminatrice della supremazia razziale dei nazisti.

Il documento dell’ufficio statunitense di Ellis Island preposto ai migranti registra i Radvanyi dopo i Kantorowicz, questi hanno come ultima residenza il campo di internamento francese di Sanary sur Mer in cui sono stati reclusi anche i Brecht, i fratelli Mann, Joseph Roth. I Radvanyi hanno tutti come ultima residenza Pamiers, anche Laszlo, sebbene non ci sia mai stato, registrata per di più con doppia emme. La data di partenza viene registrata come 7 marzo 1941, ma come più volte ha spiegato il figlio della scrittrice, quella è la data riportata sui documenti, poi hanno dovuto attendere il 24 marzo per potersi imbarcare e lasciare Marsiglia. La professione registrata per Laszlo, saggista, sociologo e storico, è quella di scrittore, quella di Anna Seghers, nome riportato a matita sopra quello scritto a macchina e recuperato dai documenti con tanto di confusione sul cognome da nubile, scambiato per un secondo nome, è quello di storica, in ragione della laurea in storia dell’arte. Tutti è quattro i Radvanyi sono registrati come appartenenti alla religione ebraica, tutti capaci di parlare tedesco, francese e inglese, Laszlo pure ungherese e italiano. Pierre Radvanyi racconta che in effetti il padre aveva imparato da alcuni prigionieri italiani provenienti dalla guerra di Spagna nel campo di Le Vernet qualche semplice frase e qualche parola.

Il 24 o il 25 giugno si imbarcano per il Messico, la nave fa scalo all’Avana, ma non possono scendere. Ne ammirano la bellezza e il Malecon dalla nave, poi il 30 giugno arrivano a Veracruz, accolti da Gertrud Duby Blom, giornalista e antropologa svizzera, conoscitrice del Chapas e in particolare dei Maya della Selva Lacandona. Dopo tante peripezie arrivano a Città del Messico, subito affascinati dai luoghi e dal popolo messicano. Anna respira l’aria della libertà, che tuttavia non mitiga del tutto l’oppressione del cuore per ciò che sta accadendo in Europa. Con la famiglia si stabilisce prima in calle Rio de la Plata 25, quindi in calle Industria 215. Anna e il marito lottano, lavorano, scrivono e visitano insieme ai figli i luoghi della storia e della civiltà precolombiana. Anna Seghers partecipa attivamente al “Club Heinrich Heine” noto in Messico come il “Club de los intelectuales antinazis de habla alemana”, gli intellettuali antinazisti di lingua tedesca, con il compito di promuovere la cultura tedesca tramite incontri, conferenze e rappresentazioni teatrali, presentando così un'”altra Germania” contrapposta a quella nazista. Egon Erwin Kisch, giornalista e scrittore comunista, grande amico di Anna si unisce a loro, dopo i comuni anni parigini, provenendo dall’Australia. Kisch è nato lo stesso giorno di Pierre, il 29 aprile sebbene quarantun anni prima, e per questa ragione a Parigi spesso hanno festeggiano tutti insieme i due compleanni, come accadrà in Messico. Tra gli animatori del “Club Heinrich Heine” anche il comunista austriaco Bruno Frei e Walter Janka, grande amico di Anna, tra i dirigenti a soli sedici anni della KJVD, la gioventù comunista tedesca nel 1930, con un fratello ucciso dai nazisti e lui stesso arrestato e torturato. Janka, pur passando attraverso alcune traversie, sarà fino alla fine della DDR uno dei suoi più autorevoli dirigenti culturali. Con loro in Messico Bodo Uhse e Georg Stibi, già corrispondete da Mosca di “Die Rote Fahne”, il quotidiano della KPD, che partecipa alla guerra di Spagna come giornalista radiofonico in lingua tedesca, finito poi nel campo di Le Vernet con il marito di Anna. Nella DDR sarà prima caporedattore dei quotidiani Berliner Zeitung, Leipziger Volkszeitung, Neues Deutschland, quindi dal 1957 al 1958 ambasciatore in Romania e dal 1958 al 1961 in Cecoslovacchia, per poi diventare dal 1961 al 1974 vice ministro degli Esteri. Dalla Spagna a Le Vernet e poi in Messico è anche la sorte di Mario Montagnana, amico di Anna, già redattore dell’Ordine Nuovo a Torino con Gramsci e Togliatti, tra i fondatori del Partito Comunista d’Italia a Livorno nel ’21. Il gruppo di intellettuali ha vivaci dibattiti con Paul Merker, dirigente in esilio della KPD in Messico. Laszlo Radvanyi promuove corsi di marxismo e di sociologia, introducendo tale scienza in Messico, lavorando prima all’Università Obrera de Mexico e dal 1944 presso l’Università Nazionale. Ma questa dell’esilio messicano è appunto un’altra pagina della storia avventurosa, difficile e straordinaria di Anna Seghers.

 

Si ringraziano Pierluigi Colombini e Lella Murtas per aver reperito il prezioso documento conservato ora presso l’archivio del Centro Studi “Anna Seghers”.

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