Noi del centro studi, in questo anno in cui ricorrono il 60° anniversario della nascita della DDR avvenuta il 7 ottobre 1949 e il 20° della caduta del muro (9 novembre 1989), constatiamo come prevalga ancora e sempre l’atteggiamento ideologico della guerra fredda che in Occidente ha come solo obiettivo la criminalizzazione di quella esperienza e di quella nazione. È una constatazione sconfortante ma inevitabile. Berlino è stata uno dei luoghi principali della guerra fredda, il suo cuore e il suo centro. È stato anche il luogo, non solo simbolico, della vittoria dell’Occidente che ha utilizzato le armi della propaganda, del consumismo e della pubblicità per attaccare e ridicolizzare l’esperienza socialista, la quale seppur tra mille contraddizioni e difficoltà si sviluppava nell’altra parte di città che era capitale della DDR.
Avremo modo di ritornare in maniera ampia e articolata, in dibattiti pubblici e in forma scritta per esprimere il nostro pensiero. Valgano – per tutte – tre considerazioni. Al di là della propaganda di allora che anche in campo ambientalista leggeva nei paesi dell’est e nella DDR dei mostri ecologici, l’emergere di analisi e ricerche serie ed approfondite sta portando ad una totale rivalutazione delle scelte ecologiche della DDR. Una legislazione stringente contro l’inquinamento, la raccolta differenziata praticata a Berlino e largamente diffusa nel resto della nazione e ad esempio allora sconosciuta a Berlino Ovest, la prevalenza del trasporto pubblico, metro, bus, treni, su quello decisamente più inquinante di automobili e automezzi privati.
Secondo punto: la solidarietà internazionale, non indifferente alla luce di un presente, nel 2009, in cui le disuguaglianze tra nord e sud del mondo sono uno dei temi centrali della crisi del pianeta.
La DDR sosteneva gli esuli cileni, sudamericani e di larga parte del mondo, dando loro ospitalità lavoro e accesso agli studi universitari. In Cile ancor oggi vi sono donne e uomini che vivono grazie all’integrazione della pensione che viene loro da quanto ricevuto dopo 15 anni di lavoro in DDR. Per non parlare del caffé nicaraguese, dello zucchero cubano, di una rete di scambi economici internazionali fondata sul giusto prezzo (anche in questo caso praticata ben prima della nascita in Occidente del commercio equo e solidale), sul rispetto dei popoli e sul loro diritto a poter vivere, crescere, studiare, svilupparsi senza dover emigrare.
Terza considerazione, i diritti civili. Nella DDR a partire dai primissimi anni ’60 si sviluppa una campagna di educazione sessuale, di rispetto della sessualità dei giovani e del loro diritto ad avere fin dalla adolescenza rapporti sessuali prematrimoniali, fatti del tutto inimmaginabili nella bacchettona Europa occidentale dell’epoca. Per non dire dei diritti alla pillola anticoncezionale, al divorzio, allora ottenibile in tempi brevi e di fatto gratuito, e all’aborto.
Da ultimo doloroso per la coscienza europea, ma da ripetere e da considerare, la DDR aveva cacciato docenti, funzionari pubblici e militari nazisti, i quali hanno facilmente trovato collocazione, in molti casi, ancora nelle scuola, nelle università, nei ministeri e nell’esercito, ovviamente della Repubblica Federale Tedesca e in alcuni casi dell’Austria.
L’autodifesa del 1992 di Erich Honecker, che si trova in traduzione italiana su internet è un testo da leggere con attenzione e che in taluni passaggi sottolinea verità incontestabili.
Sono quindi molte le ragioni per portare rispetto ad un’esperienza che non ha luci o ombre superiori o inferiori a quelle delle nostre democrazie, sempre più precarie nel rispetto dei diritti, civili e sociali, e che diventano del tutto imbarazzanti quando pretendono di esportare “la democrazia” a mano armata in giro per il mondo, con un fine neppure troppo occulto che è quello di impadronirsi delle materie prime di quei popoli.
La DDR è stata una parte importante della storia del movimento socialista del Novecento. Noi del centro studi “Anna Seghers” cerchiamo di unire memoria e ricerca storica con la serietà, l’impegno e la determinazione che sempre più tante persone e tanti studiosi, di pensieri e orientamenti politici differenti, ci riconoscono.